Azienda Ospedaliera di Perugia

Allergia a punture di api e vespe

Intervista al prof. Dell'Omo e al dr. Lillacci di Medicina del lavoro


«La prevenzione in caso di allergia al veleno di api, vespe e calabroni, è fondamentale, perché nei casi più gravi è letteralmente salvavita». A ridosso della primavera intervengono il prof Marco Dell’Omo, che guida la struttura complessa della Medicina del lavoro dell’ospedale di Perugia, e il dottore Daniele Lillacci, referente dell’ambulatorio Allergologico per veleno da imenotteri, per richiamare la popolazione a non sottovalutare i rischi connessi.

Da 30 anni, infatti, l’Azienda Ospedaliera di Perugia si occupa della cosiddetta desensibilizzazione, trattando in media circa 350 pazienti l’anno e risultando quindi il Centro di riferimento in Umbria. «In caso di dubbio su eventuali allergie è sempre opportuno accedere al servizio, prenotando attraverso il Cup una visita specificatamente “allergologica per imenotteri” a cui seguirà – spiegano Dell’Omo e Lillacci – un percorso anamnestico con esami ematici e test, all’esito del quale viene emessa la diagnosi ed eventualmente disposta la terapia, che può comprendere anche la prescrizione della “penna” di adrenalina termostabile».

La desinsibilizzazione è un percorso lungo previsto «per quei pazienti – affermano i due medici – che a seguito di una puntura hanno avuto una reazione sistemica, vale a dire sensazione di chiusura della gola, calo improvviso della voce e sensazione di svenimento».

In questi casi si procede con la terapia «che tecnicamente è iposensibilizzante, riducendo l’ipersensibilizzazione del paziente», e consiste nella «somministrazione settimanale a dosi crescenti del veleno dell’imenottero a cui si è allergici, fino ad arrivare, dopo due o tre mesi, alla cosiddetta fase di mantenimento, a seguito della quale – dicono Dell’Omo e Lillacci – è poi sufficiente una somministrazione al mese fino al quinto anno». 

Al termine del percorso al paziente è «assicurata una certa percentuale di copertura, anche se – sostengono i due medici – i dati scientifici sul lungo termine non sono sicuri, motivo per cui periodicamente, sempre sul lungo periodo, si raccomanda una rivalutazione con test per stabilire se riprendere la terapia». Tuttavia i soggetti allergici alla puntura di ape qui a Perugia vengono sottoposti «a una sorta di richiamo, che somministriamo – affermano Dell’Omo e Lillacci – con cadenza trimestrale».

I due medici evidenziano, poi, la necessità, per i soggetti a cui è stata prescritta la “penna” di adrenalina termostabile «di averne sempre due con sé anziché una, in primis perché la prima può essere banalmente rotta oppure non bastare»: i quantitativi del farmaco salvavita, infatti, andrebbero stabiliti in base al peso del soggetto. «Chi ha già avuto reazioni allergiche sistemiche come quelle già descritte deve fare sempre di tutto per avere con sé la “penna” di adrenalina, che viene riconosciuta al paziente dopo esserne stato edotto sull’uso», rimarcano i due camici bianchi del Santa Maria della Misericordia. 

Dell’Omo e Lillacci, infine, forniscono anche una serie di raccomandazioni di buon senso rivolte a chi ha avuto reazioni allergiche gravi, ma volendo anche a chi le ha avute più circoscritte e quindi trattabili con cortisone e antistaminici: «Andiamo incontro alla bella stagione ed è opportuno per questi soggetti adottare alcuni comportamenti come evitare di indossare in ambienti aperti indumenti dai colori sgargianti e idratare la pelle con creme profumate per non attrarre gli imenottori». La prevenzione, però, prima di tutto.




fonte: umbria24 intervista di Chiara Fabrizi

Contenuto inserito il 19-03-2025, aggiornato al 19-03-2025

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